
Sentenza della Corte d’Appello di Torino sulla discriminazione nello sport.
La Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 507 del 7 maggio 2024, ha confermato la decisione del Tribunale di Biella, riconoscendo la natura discriminatoria del comportamento della Federazione Ciclistica Italiana (FCI) nei confronti di un atleta con disabilità intellettiva e relazionale.
Contesto del caso:
Nel 2019, un giovane ciclista con disabilità intellettiva, precedentemente iscritto nella categoria “Intellectual Disability” che prevede la presenza di un accompagnatore e una partenza differenziata, ha manifestato il desiderio di competere autonomamente con i coetanei senza accompagnatore. Dopo aver ottenuto un certificato di idoneità all’attività sportiva agonistica dall’Istituto di Medicina dello Sport di Torino, la società sportiva ha richiesto il suo tesseramento nella categoria “Junior Sport”. La FCI inizialmente ha accettato il tesseramento, ma successivamente lo ha annullato, sostenendo che le persone con disabilità intellettiva non potessero partecipare alle competizioni agonistiche standard.
Decisione del Tribunale di Biella:
Il Tribunale ha ritenuto che il comportamento della FCI fosse discriminatorio, ordinando la cessazione di tale condotta e la rimozione degli ostacoli che impedivano al giovane di praticare il ciclismo a livello agonistico.
Appello della FCI e decisione della Corte d’Appello:
La FCI ha impugnato la decisione, sollevando, tra gli altri, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e contestando l’idoneità del certificato medico presentato. La Corte d’Appello ha respinto l’appello, affermando che:
- Giurisdizione: Le controversie in materia di discriminazione rientrano nella competenza del giudice ordinario, come previsto dall’art. 28 del D.lgs. n. 150/2011.
- Idoneità medica: Il certificato medico rilasciato attestava l’assenza di controindicazioni alla pratica agonistica del ciclismo, rendendo ingiustificata l’esclusione dell’atleta.
- Discriminazione: La preclusione aprioristica all’accesso alle competizioni agonistiche basata esclusivamente sulla disabilità, senza una valutazione individuale, costituisce una discriminazione indiretta.
Principi stabiliti:
Questa sentenza sottolinea che le persone con disabilità hanno il diritto di partecipare alle attività sportive agonistiche insieme agli altri atleti, purché in possesso dei requisiti richiesti, senza subire discriminazioni basate esclusivamente sulla loro condizione. Le federazioni sportive devono quindi adottare misure che garantiscano l’inclusione e la parità di trattamento, evitando regolamenti o prassi che possano risultare discriminatori