Comportamento dei tesserati e dei tifosi e responsabilità della Società sportiva. L’importanza della cd. “prova privilegiata” del referto arbitrale.

Una società sportiva proponeva reclamo innanzi la Corte Sportiva d’Appello avverso l’ammenda pecuniaria inflitta dal Giudice Sportivo per la condotta commessa dai propri tifosi.

Nello specifico nel referto arbitrale veniva riportato che i sostenitori della società ricorrente avevano “sputato” ai tesserati della società avversaria seduti in panchina.

La società ricorrente si difendeva sostenendo il mancato accadimento della circostanza menzionata.

Sul punto, la Corte riportava l’impossibilità di accogliere la tesi della ricorrente in quanto non può essere negato quanto riportato nel referto arbitrale, per il valore di prova privilegiata allo stesso attribuita ai sensi dell’art. 61 comma 1 C.G.S. secondo cui, il referto arbitrale, è da considerarsi fornito di una speciale forza probatoria sino al punto di fare “piena prova” di quanto attesta essere avvenuto, cosicché – salvo intrinseche contraddizioni o manifesta irragionevolezza – gli episodi descritti nei referti arbitrali sono da intendersi come effettivamente verificati. Lo stesso però non è possibile dire per quanto il referto non attesti. Per logica impossibilità, il referto non può assurgere a prova legale anche del quod non, posto che l’attenzione del direttore di gara e degli assistenti può essere assorbita dallo svolgimento dell’incontro e non essere in grado di percepire ogni fatto verificatosi sul terreno di gioco. Ne consegue che il solo fatto che un evento non sia documentato nella relazione dell’arbitro o negli altri atti provenienti dai suoi collaboratori non implica di necessità che l’evento non si sia verificato e che la sua prova non possa essere desunta aliunde, in particolare dagli atti di indagine della Procura federale che il secondo periodo del citato comma 1 dell’art. 61 espressamente contempla.

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