Avv. Guido Del Re

IL CALCIO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

dell’avv. Guido Del Re

In questi tempi di emergenza sanitaria, incertezze sul futuro economico e quarantena, molti si interrogano sul destino del “pianeta calcio”.

L’indotto economico che porta tale movimento alle “casse” delle singole nazioni è indubbio. Basti pensare che il calcio italiano versa in media un miliardo di imposte allo Stato ogni anno sotto forma di gettito fiscale.

Gli addetti ai lavori e le istituzioni ragionano su due fronti legati a doppio filo: 1) blocco o meno dei campionati e 2) riduzione o meno degli stipendi.

In merito al primo punto, le ipotesi al vaglio sono diverse: (i) chi vuole terminare a tutti i costi il campionato, (ii) chi ipotizza la formulazione di un playoff scudetto e dei playout salvezza, e (iii) chi ritiene plausibile un “congelamento” della classifica attuale con assegnazione dei posti per le sole competizioni europee. 

Certamente l’aspetto più complesso  sarà quello della corretta gestione delle retrocessioni e delle promozioni. 

Ad esempio, in Serie B, il Benevento è primo in classifica con 69 punti, segue il Crotone con 49 e poi 6 squadre nella zona “play-off” racchiuse in soli 6 punti. 

Non sarà quindi semplice gestire promozioni e retrocessioni contemperando gli interessi economici derivanti dalla netta differenza tra la partecipazione ad un campionato di Serie A ed ad un campionato di Serie B. 

Chi deciderà sull’esito dei Campionati sarà la Federcalcio. 

Difatti ai sensi dell’art. 13 dello Statuto FIGC, rubricato: “Ordinamento del giuoco, dei campionati e delle squadre nazionali”: “..1. La FIGC detta le regole del giuoco del calcio in aderenza alle norme della FIFA. 2. La FIGC disciplina l’affiliazione delle società e definisce, d’intesa con le Leghe interessate e sentite le Componenti tecniche, l’ordinamento dei campionati. La FIGC stabilisce i criteri di formulazione delle classifiche e di omologazione dei risultati; decide sull’assegnazione del titolo di campione d’Italia e ratifica le promozioni e le retrocessioni di serie; assicura gli strumenti finanziari ed organizzativi necessari all’espletamento della giustizia sportiva e della funzione arbitrale..”

Il secondo aspetto riguarda la eventuale decurtazione degli stipendi. 

Preme ricordare che i calciatori, ai sensi della legge 91/1981, sono lavoratori subordinati, difatti l’articolo 4 della richiamata legge, rubricato “Disciplina del lavoro subordinato sportivo”, così recita: “..il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato, ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate..”.

 Sicché una eventuale decisione sulla decurtazione o meno degli stipendi dovrà necessariamente avvenire con un accordo tra le parti. 

Un ruolo fondamentale dovrebbe assumere, l’Associazione Italiana Calciatori che, nelle vesti di  sindacato dei giocatori si attiverà per  “negoziare” accordi individuali con le parti datoriali (società di calcio). 

Sarebbe peraltro utile aprire da parte dell’AIC un tavolo a livello nazionale, onde confrontarsi con tutte le realtà del calcio e comprendere bene cosa poter realmente fare o non fare ed evitare soluzioni individuali a macchia di leopardo, dettate, in questo momento, da fattori anche emotivi e di immagine da parte di calciatori più famosi o società più ricche.

Ad oggi infatti alcune società sembrano aver iniziato a prendere accordi diretti con i propri dipendenti senza l’ausilio dell’A.I.C.

Ad esempio, “sembrerebbe” che alcuni  giocatori e l’allenatore della Juventus (non si è ben compreso se anche altri componenti dello staff tecnico e/o se tutti i dipendenti a vario titolo del Club, o che altro) abbiano definito un accordo per rinunciare (?) al pagamento di quattro mensilità (marzo, aprile, maggio e giugno) aiutando così il club a risparmiare circa 90 milioni di euro. Al momento non ci è chiaro se trattasi di una vera e propria rinuncia (assai difficile nel diritto del lavoro e comunque da aversi solo in sede protetta) o di un accordo per spalmare tali somme su mensilità future.

La situazione attuale è un unicum nella sua specie e ritengo che la Federazione debba muoversi in maniera assai prudente ed attenta, contemperando tutti i molteplici  interessi in gioco, senza rischiare di “indebolire” non solo la stagione in corso ma anche  la prossima, mentre l’A.I.C. avrà un altrettanto complicato compito prima di prendere una posizione, poi di trovare un accordo di carattere generale, quindi di individuare gli strumenti necessari e poi di essere presente nelle soluzioni, anche se singolarmente e diversamente assunte. 

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