diritto sportivo

Lo sfruttamento dei diritti di immagine dei Calciatori

A cura dell’Avv. Guido Del Re

Il connubio tra calcio e diritto di immagine ha certamente assunto maggior rilievo nell’ultimo decennio grazie all’importanza delle TV, degli sponsor, di internet e dei social.
Il diritto all’immagine non trova un riconoscimento nella Carta Costituzionale ma può implicitamente ricondursi ai diritti fondamentali della personalità ai sensi dell’art. 2 della Costituzione. La legge sul diritto d’autore n. 643/1941 tratta all’art. 96, la tutela del diritto al “ritratto”.
Nel nostro ordinamento attraverso il riconoscimento del c.d. right of publicity si è giunti ad affermare che ciascun individuo ha il diritto al controllo ed al profitto che può derivare dallo sfruttamento del proprio nome e della propria immagine.
L’immagine di un personaggio famoso, ad esempio di calciatore professionista, ha un notevole appeal per migliaia di aziende che sono interessate allo sfruttamento per le loro campagne pubblicitarie.
Quando un calciatore stipula un contratto di lavoro sportivo, ai sensi della legge 91/81, cede alla società i diritti relativi alle sue prestazioni sportive ma non i diritti di immagine.
Il diritto all’immagine spetta infatti ai singoli atleti, in virtù di una Convenzione stipulata nel 1981 fra la FIGC, l’Associazione calciatori e le Leghe varie leghe calcistiche, il cui art. 1 afferma che “..i calciatori hanno la facoltà di utilizzare in qualsiasi forma lecita e decorosa la propria immagine anche a scopo di lucro, purché non associata a nomi, colori, maglie, simboli o contrassegni della Società di appartenenza o di altre Società e purché non in occasione di attività ufficiale..”.
Anche l’art. 4.5 dell’Accordo collettivo fra FIGC, AIC e Leghe, stabilisce espressamente che, i calciatori, possono cedere alla società la licenza per lo sfruttamento dei diritti di immagine per prestazione di carattere promo pubblicitario con un contratto apposito e separato, non con i cd. “moduli federali”, in forza del quale la società diverrà titolare, oltre che delle prestazioni sportive dell’atleta, anche dei diritti provenienti dall’utilizzazione ai fini economici dei diritti di immagine del calciatore stesso. La società, se disciplinato nel contratto, avrà pertanto la possibilità di di cedere ad altre società commerciali i diritti di immagine del giocatore.
La cessione dei diritti di immagine ad una società “terza” deve però tener conto di una duplice “esigenza”. Difatti spettano alla società, in quanto detentrice delle prestazioni sportive dello stesso, tutti i diritti di immagine relativi a tali prestazioni sportive.
Pertanto il calciatore è titolare esclusivo dei diritti di sfruttamento della sua immagine in “borghese” ma non della sua immagine in “divisa” cioè della sua rappresentazione associata a colori, simboli e nomi della società di appartenenza o di altre società appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti, salvo che non sia prestato il consenso anche dalla “controparte” in questione. I calciatori non possono difatti rifiutarsi di compiere tutte le attività promozionali con i brand e gli sponsor della società con la quale sono tesserarti.
L’utilizzo non autorizzato dell’immagine costituisce, secondo prassi giurisprudenziale, illecito extracontrattuale in quanto lesivo del diritto esclusivo sul proprio ritratto.   La giurisprudenza successiva, tanto di merito quanto di legittimità, ha seguito tale sopracitata linea interpretativa in numerosi altri casi in cui atleti, che lamentavano lesioni alla loro immagine e violazioni della loro vita privata, hanno presentato ricorso agli organi giurisdizionali.

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